Durante gli scorsi anni, i sistemi di Intelligenza Artificiale si sono diffusi presso il grande pubblico specialmente attraverso chatbot e la cosiddetta IA generativa, che permette non solo di pianificare e apprendere in modo constante, ma anche di fornire dei feedback facilmente usufruibili, utilizzando il linguaggio naturale, immagini e video.
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La crescente applicazione dell’intelligenza artificiale in medicina
L’applicazione di algoritmi inferenziali, però, vede una ben più importante applicabilità – e applicazione – nel mondo professionale, anche medico. Già da moltissimi anni, infatti, si assiste ad un massiccio uso di algoritmi e programmi informatici in ambito sanitario dove, sempre più, è richiesto rigore clinico e metodologico.
Studiare nel dettaglio le interazioni tra due o più farmaci; avere una refertazione preliminare di un tracciato elettrocardiografico; ottenere suggerimenti sulla presenza di un addensamento ad una radiografia del torace; distinguere una lesione cutanea maligna da una lesione benigna; analizzare con assoluta precisione statistica ingenti quantità di dati; sono solo alcuni esempi della routinaria pratica clinica di un medico che sono assistiti dall’informatica e dagli strumenti digitali.
La diffusione dell’intelligenza artificiale nella ricerca medica
In questo contesto, dunque, può apparire autoevidente la portata rivoluzionaria dell’Intelligenza Artificiale nella pratica clinica. Per dimostrarlo, peraltro, è sufficiente una ricerca su PubMed (uno dei più importanti database in ambito sanitario) utilizzando le parole chiave “artificial intelligence”: se negli anni Ottanta si contava al più una decina di articoli, nello scorso anno il numero è salito a quasi 8000 e nei primi mesi del 2025 sono già 2500 gli studi sull’utilizzo dell’IA in campo medico-sanitario.
Guardando a queste pubblicazioni è possibile individuare tre macroaree, tre campi di applicazione degli algoritmi di intelligenza artificiale nel lavoro dei medici e del personale sanitario: la ricerca, la diagnostica e la terapia.
Come l’intelligenza artificiale sostiene la ricerca scientifica
Fare ricerca medica significa indagare e sperimentare nuovi trattamenti, farmaci o tecnologie per migliorare la salute e prevenire e curare malattie. La medicina basata sulle evidenze, cioè sulle prove di efficacia, richiede un’accurata raccolta dei dati e un assoluto rigore metodologico nell’analisi degli stessi.
Gli studi di maggior impatto richiedono di processare ingenti quantità di informazioni, ovvero di raccogliere ricerche con caratteristiche simili da importanti database e comparare metodologie, dati e risultati tra di loro (facendo ciò che, nell’ambito della ricerca, viene detta una meta-analisi).
Ebbene, un sistema di intelligenza artificiale potrebbe svolgere agilmente tutti questi compiti. In un contesto dove il sapere medico è sempre più ingente e pressoché impossibile da conoscere nella sua interezza, l’IA può riuscire a recuperare in pochi istanti decenni di studi e presentarli in forme più facilmente intelleggibili, non solo per la ricerca scientifica strettamente intesa, ma anche al fine dell’apprendimento e della continua formazione dei medici.
Intelligenza artificiale e miglioramento della precisione diagnostica
Qualsiasi specializzazione medica richiede di distinguere caratteristiche fisiologiche o patologiche in pattern o immagini che vengono forniti dalla strumentazione a disposizione.
Si pensi, ad esempio, alla lettura di un tracciato elettrocardiografico o elettroencefalografico, oppure alla diagnostica per immagini, o ancora alla ricerca di lesioni maligne sulla cute o nel cavo orale.
Per alcuni di questi esempi è già stata dimostrata la superiorità di un algoritmo informatico rispetto al personale medico ben formato, come dunque non aspettarsi ancora di meglio da un sistema che, come l’uomo, è in grado di apprendere, ma in maniera infinitamente più veloce?
L’IA come supporto alle decisioni terapeutiche
Ad oggi le possibilità terapeutiche in ambito clinico sono di estrema complessità sia per le caratteristiche di farmacocinetica e farmacodinamica delle molecole, sia per la crescente necessità di poli-farmacoterapia in un panorama dove la popolazione invecchia sempre più. Un fine processo internistico di scelta della terapia deve tenere conto delle comorbilità del paziente, delle sue caratteristiche demografiche e antropometriche, nonché dell’interazione tra diverse molecole; pertanto, potrebbe beneficiare ampiamente dell’implementazione di sistemi di intelligenza artificiale. Ancor più diretto e intuitivo il beneficio in ambito chirurgico, con la crescente evidenza di superiorità degli approcci mini-invasivi e robotici.
I limiti clinici dell’intelligenza artificiale in medicina
Maggior precisione, maggior accuratezza, costante aggiornamento: a primo impatto potrebbe apparire che nel giro di pochi anni l’intelligenza artificiale potrà agilmente sostituire la figura del medico, ma non tutto è ora ciò che luccica. Alcuni aspetti, sia di carattere clinico, sia etico, sia medico-legale richiedono infatti di procedere con cautela.
Il paziente, infatti, non può essere considerato come la mera somma dei dati che lo riguardano. Si tratta, invece, di un’entità complessa che, nella sua gestione, richiede di considerare non solo la (o le) malattie che lo affliggono, ma anche la sua storia clinica, il contesto familiare e sociale, l’epoca storica, le caratteristiche demografiche, eccetera. Condizioni, queste, che sono difficilmente computabili da algoritmi, comunque complessi. Algoritmi che, peraltro, potrebbero anche sbagliare e della cui fallibilità il medico deve essere informato e sempre consapevole, potendo questi strumenti ingenerare forme di presunta illimitatezza.
Criticità etiche nell’uso medico dell’intelligenza artificiale
Ancora, la medicina richiede di compire quotidianamente scelte etiche nel rispetto dei principi di benevolenza, non maleficenza ed equità distributiva. Principi dei quali si può far garante solo la figura del medico e il relativo ordine professionale. La condivisione del processo diagnostico-terapeutico richiede il consenso del paziente, che ne implica un’adeguata informazione e un solido rapporto di fiducia con il curante che i sistemi di IA non possono garantire. Inoltre, non è mai completamente escludibile il rischio di cosiddetta “discriminazione algoritmica”. Il caso, cioè, in cui l’IA prenda decisioni in base a dati parziali o non rappresentativi – biased – portando a terapie e trattamenti iniqui o finanche pericolosi per il paziente.
Regolamentazione normativa e rischi legali dell’intelligenza artificiale
Da ultimo, quindi, il legislatore, ancora una volta, è chiamato con celerità a regolamentare una tecnologia che avanza ad una velocità tale da non garantirne per definizione l’assoluta affidabilità. Si rende necessario tutelare anzitutto i cittadini, che devono poter accedere alle cure in modo sicuro, nel rispetto dei principi etici e della loro privacy. Quest’ultima, in particolare, è particolarmente messa in pericolo da tali sistemi che prevedono, per funzionare correttamente, il continuo scambio e l’analisi di dati sensibili. Ma è anche fondamentale, d’altra parte, tutelare i professionisti che utilizzeranno sempre più gli strumenti messi a disposizione dall’evoluzione tecnologica, rilevando questioni dirimenti in merito all’eventuale responsabilità in caso di errore diagnostico o terapeutico da parte dell’IA, così come in relazione alla possibilità materiale di informare correttamente il paziente sull’utilizzo dei propri dati a fronte di algoritmi il cui funzionamento resta oscuro (come nel caso delle c.d. black box).
Medicina e intelligenza artificiale: indispensabile ruolo umano
L’IA è, in definitiva, uno strumento preziosissimo per apprendere, integrare, implementare e, spesso, rendere più affidabili e sicuri i processi di cura. Tuttavia, l’arte medica resta, appunto, un’arte, nel senso più umanistico che si possa intendere: il rispetto dell’etica e del segreto professionale, il rapporto di fiducia con il paziente e con il suo contesto socio-familiare, la condivisione del processo diagnostico-terapeutico, la pianificazione condivisa delle cure, la palliazione e il fine vita richiedono imprescindibilmente la figura del medico.