telecomunicazioni

Dal telegrafo al 6G: viaggio nel mondo delle frequenze tlc



Indirizzo copiato

Le frequenze sono il motore silenzioso delle telecomunicazioni. Dal 5G ai satelliti, dallo spettro radio ai Terahertz, ecco come si costruisce il futuro della connettività globale

Pubblicato il 15 mag 2025

Stefano Pileri

Chief digital transformation and innovation officer Maticmind



cloud tlc ai (1) frequenze tlc

Le telecomunicazioni sono un pilastro della società moderna in quanto a queste si deve la trasmissione di informazioni su scala globale e il grande sviluppo di Internet e del cloud. Dai primi esperimenti con il telegrafo di Guglielmo Marconi alle avanzate Very High Capacity Networks (VHCN), le quali includono le reti mobili 5G e in futuro 6G, il progresso tecnologico ha reso possibile una comunicazione sempre più veloce, sicura e pervasiva, ancore in forte sviluppo nei prossimi anni.

L’evoluzione delle telecomunicazioni si fonda sull’uso delle frequenze elettromagnetiche, fondamentali per tutti i sistemi di trasmissione dati, dalla telefonia mobile e fissa, ai satelliti, alle wireless LAN in tecnologia Wi-Fi e all’Internet of Things, alla radiotelevisione sia nell’etere che canalizzate nelle fibre ottiche.

Lo spettro delle frequenze è una risorsa limitata e strategica. La sua gestione ottimale è cruciale per garantire la qualità del servizio, minimizzare le interferenze e supportare l’espansione delle reti. Governi e Organizzazioni Internazionali regolano l’allocazione delle frequenze tramite conferenze periodiche e gruppi di studio permanenti.

Analizziamo allora in dettaglio il ruolo delle frequenze nelle telecomunicazioni, richiamando velocemente il loro funzionamento, le tecnologie che le utilizzano, le sfide legate alla gestione dello spettro e alla minimizzazione delle interferenze e, infine, le innovazioni future verso le frequenze dei Terahertz (THz, ossia migliaia di gigahertz) e le reti ibride terra – satellite (Non Terrestrial Networks).

Il futuro porterà nuove sfide: con la crescita del 5G e l’avvento del 6G, sarà necessario riallocare e gestire in modo sempre più intelligente lo spettro disponibile mentre l’uso delle reti cognitive e dell’intelligenza artificiale migliorerà l’allocazione dinamica delle frequenze, garantendo efficienza e stabilità anche in ambienti ad alta densità di dispositivi.

Attraverso questa analisi, sarà possibile comprendere come le frequenze abbiano plasmato il mondo della connettività e come continueranno a evolversi per soddisfare le esigenze di una società sempre più interconnessa.

Fondamenti delle frequenze e delle lunghezze d’onda

La frequenza è pari al numero di oscillazioni o cicli di un’onda in un secondo e l’unità di misura è l’Hertz (Hz). Nel campo delle telecomunicazioni, si utilizzano generalmente frequenze che variano da pochi kilohertz (come nelle trasmissioni radio a onde lunghe) fino a molte centinaia di gigahertz (come nelle tecnologie di nuova generazione come il 6G). La frequenza (f) è inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda (λ) ossia:

è la velocità della propagazione dell’onda (in metri al secondo), dipende dal mezzo fisico nel quale si propagano le onde elettromagnetiche e si calcola con il rapporto c/h ove c è la velocità della luce e h è l’indice di rifrazione del mezzo di propagazione. Se l’onda viaggia nel vuoto o nell’aria (per esempio per onde radio), la velocità è circa 300.000 km/s, cioè la velocità della luce, ossia h = 1. Nel caso della fibra ottica, la velocità della luce è un po’ più bassa perché il segnale si propaga nel vetro, e il vetro ha un indice di rifrazione h è circa 1,44 e quindi la velocità di propagazione delle onde nella fibra ottica è 208.300 km/s.

Lo spettro elettromagnetico comprende tutte le possibili frequenze delle onde elettromagnetiche, suddivise in diverse bande in base alle loro proprietà fisiche e alle applicazioni pratiche (Tabella 1). Tale spettro è utilizzato anche nelle linee di trasmissione le più famose delle quali sono le fibre ottiche. Le diverse bande di frequenza hanno caratteristiche specifiche che le rendono più adatte a determinati usi. Ad esempio, le onde radio a basse frequenze ed elevate lunghezze d’onda possono percorrere grandi distanze e attraversare ostacoli con facilità, mentre le frequenze più elevate offrono una maggiore capacità di trasmissione dati ma con una portata ridotta.

Tabella 1: Classificazione macroscopica delle frequenze e utilizzo prevalente

Ricordiamo che la propagazione delle onde elettromagnetiche ha una forte dipendenza dalla frequenza, dall’ambiente e dalle condizioni atmosferiche e che esistono diversi tipi di propagazione.

La propagazione per Onde di Superficie è caratteristica delle basse frequenze (LF e MF, sotto i 3 MHz) dove le onde seguono la curvatura terrestre e possono viaggiare a lunghe distanze, caratteristica che le hanno rese e le rendono particolarmente nelle trasmissioni radio a lungo raggio e nelle comunicazioni marittime. La propagazione per Onde Ionosferiche è tipica delle alte frequenze (HF, 3-30 MHz) dove l’onda rimbalza sulla ionosfera e ritorna verso la Terra, permettendo comunicazioni su lunghe distanze senza necessità di satelliti. Tale comunicazione è utilizzata per comunicazioni militari, radio amatoriale e trasmissioni internazionali. La propagazione Troposferica e Diffrazione avviene per rifrazione o diffrazione nell’atmosfera terrestre essa consente una copertura maggiore rispetto alla sola visibilità ottica, ma è meno prevedibile. La Propagazione a Vista (LoS – Line of Sight) è quella caratteristica per le alte frequenze (VHF, UHF, microonde). Tali onde si propagano in linea retta e possono essere ostacolate da edifici, montagne o altri ostacoli. Gli usi prevalenti sono per il digitale terrestre, la telefonia mobile e satelliti. La Propagazione nelle Onde Millimetriche e Terahertz è anch’essa di tipo Line of Sight ed è davvero molto sensibile a ostacoli e condizioni atmosferiche. Sono frequenze usate per tecnologie avanzate come il 5G e in prospettiva il 6G e richiedono tecniche avanzate di beamforming e MIMO per migliorare l’efficienza.

Le telecomunicazioni utilizzano diverse bande di frequenza a seconda delle esigenze di copertura, capacità e resistenza alle interferenze. Ogni banda ha proprietà fisiche uniche che influenzano la propagazione del segnale, la velocità di trasmissione e l’applicazione pratica. In questo capitolo esploreremo le principali bande di frequenza e il loro utilizzo nelle moderne reti di comunicazione. Le onde radio a bassa frequenza vengono usate per trasmissioni a lunga distanza, grazie alla loro capacità di propagarsi lungo la superficie terrestre o di rimbalzare sulla ionosfera. Le onde a bassa frequenza (LF e MF) sono poco influenzate dalle condizioni atmosferiche e possono essere utilizzate per comunicazioni di emergenza e navali. Le onde corte (HF) sfruttano la riflessione ionosferica per coprire lunghe distanze senza bisogno di satelliti. Le frequenze VHF e UHF sono utilizzate per la trasmissione televisiva e radiofonica, con la UHF che consente una maggiore qualità e minori interferenze. Le frequenze SHF ed EHF vengono impiegate nelle comunicazioni satellitari e nelle reti 5G, grazie alla loro elevata capacità di trasmissione dati.

Le microonde (3-30 GHz) sono onde elettromagnetiche con lunghezze d’onda molto corte, ideali per trasmettere grandi quantità di dati. Vengono utilizzate in diverse tecnologie:

  • Collegamenti punto-punto: utilizzati per connessioni wireless tra ripetitori, torri radio e satelliti.
  • Radar: impiegati in aviazione, meteorologia e difesa.
  • Telefonia mobile: utilizzate nelle bande 4G e 5G per garantire alta velocità di connessione.

Le microonde offrono elevata capacità di trasmissione, ma soffrono l’attenuazione atmosferica e possono essere influenzate da pioggia e ostacoli fisici. Le frequenze millimetriche (30-300 GHz) rappresentano il futuro delle telecomunicazioni ad alta velocità. Sono chiamate così perché la loro lunghezza d’onda è dell’ordine dei millimetri (1-10 mm).

Assegnazione e regolamentazione dello spettro

Lo spettro radioelettrico è, come già introdotto, una risorsa naturale limitata che deve soddisfare molteplici esigenze in continua crescita da parte del mercato, dell’amministrazione pubblica, del trasporto civile e dei servizi scientifici. Pertanto, è da considerarsi una risorsa “scarsa” e come tale va gestita in maniera razionale, armonizzata ed efficiente. Lo spettro radioelettrico è anche un bene pubblico, quindi la sua gestione è di competenza dell’amministrazione pubblica nel rispetto di regole concordate a livello mondiale, europeo e nazionale.

A livello mondiale lo spettro è governato dal Regolamento delle Radiocomunicazioni dell’ITU, Organismo creato sotto l’egida dell’ONU, che ha valore di trattato internazionale e di carattere cogente per i Paesi membri che contiene anche le tabelle di attribuzione delle frequenze radio nelle tre Regioni in cui è suddivisa la Terra. A livello europeo gli organismi preposti alla gestione dello spettro radioelettrico sono l’Unione Europea che emana provvedimenti che devono essere recepiti obbligatoriamente dagli Stati Membri e la CEPT (Conferenza Europea delle Poste e telecomunicazioni) i cui provvedimenti vengono recepiti su base volontaria. A livello nazionale l’organo principale responsabile per la gestione dello spettro radioelettrico è il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) che in tale ambito si occupa di:

  • redigere e aggiornare il Piano Nazionale di Ripartizione delle Frequenze (PNRF);
  • promuovere l’uso efficiente dello spettro e garantirne l’utilizzo armonizzato da parte dei vari servizi (servizio fisso, servizio mobile, servizio mobile marittimo, servizio mobile aeronautico, servizio di radiodiffusione, servizio di radioamatore, servizi scientifici, servizio satellitare, etc.);
  • favorire l’accesso alla risorsa spettrale da parte di nuovi utilizzatori, di nuove applicazioni e tecnologie, promuovendo in tal modo l’innovazione tecnologica;
  • gestire le situazioni interferenziali a livello nazionale ed internazionale cercando le soluzioni più opportune per la risoluzione attraverso la collaborazione con gli Ispettorati Territoriali ed il CNCER;
  • rappresentare l’Amministrazione italiana in ambito internazionale nel settore di pianificazione e gestione delle frequenze per i servizi di radiocomunicazione (ITU, CEPT e Commissione Europea);
  • sottoscrivere accordi tecnici internazionali per il coordinamento delle frequenze.

La revisione del Piano Nazionale di Ripartizione delle Frequenze (PNRF) è stata approvata con decreto del Ministro firmato in data 31 agosto 2022 e pubblicata sul supplemento ordinario n.35 alla Gazzetta Ufficiale del 13 settembre 2022, n. 214 (errata corrige pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.236 dell’8 ottobre 2022). Il PNRF è il piano regolatore delle frequenze, risultato della pianificazione dello spettro radio a livello nazionale volta a massimizzare l’efficienza e garantire l’armonizzazione dell’uso della risorsa spettrale.

Il PNRF dispone, in ambito nazionale e in tempo di pace, le attribuzioni delle bande di frequenze ai diversi servizi; indica per ciascun servizio, nell’ambito delle singole bande, l’autorità governativa preposta alla gestione delle frequenze, nonché le principali utilizzazioni civili; pianifica le assegnazioni delle frequenze radio e stabilisce le condizioni tecniche di uso dello spettro radioelettrico. Il PNRF recepisce nella legislazione nazionale il Regolamento delle radiocomunicazioni che viene periodicamente modificato dagli atti finali delle “Conferenze Mondiali delle Radiocomunicazioni” (WRC). Queste Conferenze hanno come mandato quello di modificare, nelle parti contenute nell’ordine del giorno, il Regolamento delle radiocomunicazioni (Radio Regulations) dell’ITU, che ha lo statuto di un Accordo internazionale di carattere cogente. Le WRC, generalmente, si tengono con una cadenza compresa tra tre e quattro anni. La preparazione delle Conferenze Mondiali di Radiocomunicazione viene effettuata in varie sedi nel periodo di tempo intercorrente tra due successive conferenze. L’Agenda delle WRC viene individuata nelle sue forme generali nella precedente Conferenza ed approvata definitivamente dal Consiglio dell’ITU.

Durante la WRC-23, svoltasi a Dubai dal 20 novembre al 15 dicembre 2023, sono stati affrontati diversi temi cruciali riguardanti l’uso dello spettro radio e le orbite satellitari. Tra le principali decisioni prese:​

  • Sono state identificate nuove risorse di spettro per espandere la connettività a banda larga e supportare lo sviluppo dei servizi mobili IMT, inclusi 4G, 5G e, in futuro, 6G. Le bande di frequenza coinvolte comprendono 3.300-3.400 MHz, 3.600-3.800 MHz, 4.800-4.990 MHz e 6.425-7.125 MHz in varie regioni.​
  • L’ITU ha presentato il quadro per lo sviluppo di standard e tecnologie di interfaccia radio destinati alla sesta generazione di sistemi mobili (6G), concentrandosi sulla definizione dei requisiti tecnici e dei criteri di valutazione per le potenziali tecnologie 6G.​
  • Con l’aumento delle costellazioni di satelliti in orbita bassa terrestre (LEO), è emersa la necessità di coordinare lo spettro di frequenza e lo spazio orbitale disponibile. La WRC-23 ha riconosciuto l’importanza di regolamentare questi sistemi per garantire uno sviluppo equo e sostenibile del settore satellitare.​

In sintesi, la WRC-23 ha adottato 43 nuove risoluzioni, revisionato 56 risoluzioni esistenti e soppresso 33 risoluzioni, delineando un quadro regolamentare aggiornato per affrontare le sfide emergenti nel campo delle radiocomunicazioni.

La preparazione viene effettuata dall’ITU-R attraverso il Gruppo di lavoro CPM (Conference Preparatory Meeting) con il compito di predisporre un “Report”, ove per ciascun punto dell’ordine del giorno della Conferenza viene descritta la problematica, vengono richiamati gli studi fatti sull’argomento, vengono riportate le basi tecniche necessarie ai lavori della conferenza e vengono inoltre elencate le varie soluzioni proposte dai Paesi e/o organizzazioni, che costituiranno la base di partenza delle discussioni nel corso della Conferenza.

In ambito “Regionale”, la Conferenza viene preparata dalle organizzazioni regionali di telecomunicazioni (CEPT, CITEL, APT, ecc.), le quali predispongono le proposte da presentare in Conferenza, che generalmente vengono sottoscritte dalla maggioranza dei paesi membri. La CEPT è l’organismo europeo che predispone le proposte da portare in Conferenza in nome dei 48 Paesi membri (attualmente 46, più due – Russia e Bielorussia – sospesi). La Commissione Europea, attraverso il RSPG (Radio Spectrum Policy Group), sulla base dei risultati delle inchieste pubbliche, delle discussioni tra i rappresentanti dei Paesi membri e tenendo presente i principi (neutralità tecnologica dei servizi di comunicazione elettronica, …) dettati dalle direttive del settore, adotta dei pareri su argomenti ritenuti importanti per lo sviluppo delle telecomunicazioni nei Paesi dell’Unione, contenenti le linee guida da tenere presente per il raggiungimento degli obiettivi durante la Conferenza.

In ambito nazionale il MIMIT, che ha il compito istituzionale di coordinare la preparazione delle Conferenze mondiali di radiocomunicazione e di rappresentare l’Italia nella Conferenza, ha costituito allo scopo un Gruppo Nazionale che coordina e prepara gli atti necessari per poter tutelare gli interessi nazionali, nelle diverse sedi, sia in fase di preparazione sia durante la Conferenza. Il Gruppo è istituito e coordinato in seno alla DGTEL e prevede la partecipazione di tutti i soggetti, pubblici e privati, interessati all’utilizzazione dello spettro radioelettrico (Ministeri, Enti pubblici, Operatori, Associazioni di categoria, Enti di ricerca).

Le frequenze nelle telecomunicazioni mobili

La telefonia mobile ha subito un’evoluzione continua, con il passaggio da semplici chiamate vocali alla trasmissione di dati ad altissima velocità. Ogni generazione ha introdotto nuove bande di frequenza per migliorare la qualità e la capacità delle reti. Le frequenze più basse (700-900 MHz) offrono una copertura ampia e penetrano meglio gli edifici, ideali per aree rurali. Le frequenze medie (1800-2600 MHz) bilanciano capacità e copertura, usate nelle città. Le frequenze più alte (mmWave, >24 GHz) garantiscono velocità elevatissime, ma con copertura limitata.

Con il 5G, sono state introdotte tre categorie di frequenze: bande a bassa frequenza (<1 GHz) → per copertura ampia (es. 700 MHz), bande a media frequenza (1-6 GHz) caratterizzata da equilibrio tra copertura e velocità (es. 3,5 GHz), bande ad alta frequenza (>24 GHz, mmWave) con altissima capacità, ma raggio ridotto (es. 26 GHz, 28 GHz). Il 6G, previsto per il 2030, utilizzerà frequenze terahertz (THz, 100 GHz – 1 THz) per raggiungere velocità mai viste prima e integrare le reti con l’intelligenza artificiale (Tavola 2).

Il successo delle telecomunicazioni mobili ha portato molti Paesi ad assegnare le frequenze con gare basate su un numero di lotti inferiore agli Operatori in competizione portando a valori estremamente elevati. In Italia, ad esempio, le più recenti gare di assegnazione delle frequenze hanno richiesto agli Operatori un investimento molto rilevante, infatti l’asta per il 3G del 2000 costò agli Operatori 14 miliardi di €, davvero molto elevato, ossia 4,84 €/MHz/abitante. Non fu molto diverso per atri paesi coma la Germania che assegnò le frequenze 3G con un valore di 4,32 €/MHz/aitante e l’Inghilterra con 4,54 €/MHz/abitante. Negli Stati Uniti il costo unitario fu molto minore ossia 0,51 $/MHz/abitante grazie alla maggiore popolazione coperta a livello federale.

L’asta per il 4G del 2011 costò in Italia 4 miliardi di € ossia 0,73 €/MHz/abitante. Anche in questo caso vi fu analoga spesa nei principali paesi europei ossia in Francia 0,54 €/MHz/abitante e in Germania 0,20 €/MHz/abitante. Negli Stati Uniti il costo fu maggiore rispetto ai casi Europei con 1 $/MHz/abitante con assegnazione della sola banda a 700 MHz con 62 MHz di spettro complessivo. Dunque, i valori in Europa e in USA sono stati molto allineati.

Infine, l’asta per il 5G, non considerando le onde millimetriche in quanto al momento mai utilizzate, costò nel 2018, in Italia 6,5 miliardi di euro per 260 MHz ossia 0,41 €/MHz/abitante mentre negli Stati Uniti furono assegnati 280 MHz con 0,88 $/MHz/abitante.

Tabella 2: Frequenze utilizzate nelle telecomunicazioni mobili

Come è noto, al momento, il 5G è stato un insuccesso commerciale ovunque, non ci sono state rilevanti innovazioni di servizio, non ci sono state nuove generazione di terminali in grado di trarre vantaggio e monetizzare le caratteristiche e le prestazioni di tali reti. Il risultato è che le coperture si sono limitate alle frequenze già utilizzate nel 4G e le prestazioni non hanno fatto un significativo salto di qualità. La copertura 5G nelle nuove gamme di frequenza ossia quelle intorno ai 3,6 GHz e a 26 GHz è oggi inesistente.

Deve essere questo un elemento da considerare per il futuro del 6G in quando, l’esperienza fatta, deve portare a privilegiare i piani di copertura rispetto a costi così elevati per l’uso di frequenze il cui successo commerciale dipende dalla disponibilità dell’ecosistema dei terminali e servizi e non solo dalla disponibilità delle reti.

Accanto alle telecomunicazioni mobili vi sono le telecomunicazioni wireless dove spiccano le tecnologie Wi-Fi e Bluetooth con le quali interagiamo giornalmente. Tali reti operano in bande libere e sono essenziali per la connettività personale e aziendale. Il Wi-Fi opera su 2,4 GHz assicurando maggiore copertura, ma più congestione, sui 5 GHz che consente maggiore velocità e meno interferenze e infine sul 6 GHz (Wi-Fi 6E): canali più ampi, minore latenza. Le tecnologie Bluetooth operano nella banda 2,4 GHz, condivisa con il Wi-Fi (Tabella 3).

La tecnologia di punta oggi è la 6 e 6E (IEEE 802.11ax) che supporta le bande 2,4 GHz, 5 GHz, 6 GHz (solo Wi-Fi 6E) con canali di dimensione rilevante fino a 160 MHz il che consente una velocità di punta (teorica) fino a 9,6 Gbps. Le tecnologie chiave utilizzate sono: OFDMA (Orthogonal Frequency Division Multiple Access), MU-MIMO fino a 8 flussi, Target Wake Time (TWT) per efficienza energetica e un controllo degli interferenti con BSS Coloring.

Tabella 3: Frequenze utilizzate nei sistemi Wi-Fi.

Si stanno affacciando le tecnologie Wi-Fi 7 (IEEE 802.11be) con la tecnologia chiave Multi Link Operations (MLO) che consente di usare simultaneamente più bande (ad esempio 5 GHz e 6 GHz).

Nella tabella successiva (Tabella 4) illustriamo il confronto tra le tecnologie più recenti.

Tabella 4: Confronto tra le tecnologie Wi-Fi 6 e Wi-Fi 7

Le frequenze nelle reti satellitari

L’evoluzione delle Reti di Telecomunicazione sta vivendo una trasformazione radicale nel concetto stesso di copertura. Non è più sufficiente garantire la connettività nelle aree densamente popolate o nei luoghi dove si concentrano le attività umane; l’avvento dell’Internet of Things e la digitalizzazione globale richiedono una copertura planetaria completa. In questo scenario, le costellazioni satellitari di nuova generazione in orbita bassa (Low Earth Orbit – LEO) emergono come elemento complementare fondamentale alle infrastrutture terrestri, sia fisse che mobili.

Le costellazioni LEO rappresentano una svolta tecnologica rispetto ai tradizionali satelliti geostazionari. Operando a un’altitudine compresa tra 160 e 2000 chilometri, questi sistemi offrono vantaggi significativi in termini di latenza e potenza del segnale. La loro architettura si basa su una rete di centinaia o migliaia di satelliti che orbitano in formazione coordinata, creando una copertura mesh dinamica della superficie terrestre.

L’altitudine relativamente bassa di questi satelliti comporta due conseguenze fondamentali:

  • Una riduzione drastica della latenza di comunicazione, che scende a 20-40 millisecondi, rispetto ai 600 millisecondi dei satelliti geostazionari,
  • La necessità di un numero elevato di satelliti per garantire una copertura continua, dato che ciascun satellite copre un’area più limitata rispetto ai sistemi geostazionari.

Le reti LEO moderne offrono prestazioni che le rendono competitive con molte soluzioni terrestri, sempre nelle aree a bassa densità. I sistemi più avanzati, come Starlink, forniscono velocità di download superiori a 100 Mbps, con punte che possono superare i 300 Mbps in condizioni ottimali. OneWeb, altro player significativo del settore, raggiunge velocità oltre i 375 Mbps con latenze costantemente inferiori ai 50 ms.

Lo spettro frequenziale utilizzato da questi sistemi è particolarmente interessante dal punto di vista tecnico (Tabella 5):

  • Le bande Ku (12 – 18 GHz) e Ka (26-40 GHz) vengono impiegate per le comunicazioni terra-satellite
  • La banda K (18 – 26 GHz) viene utilizzata per le comunicazioni inter-satellitari, creando una vera e propria rete mesh orbitale

Un aspetto particolarmente innovativo delle reti LEO è la loro capacità di integrarsi con le infrastrutture terrestri, specialmente nel ruolo di backhauling per le reti mobili. Questa integrazione risulta cruciale in:

  • Aree rurali o remote dove l’infrastruttura terrestre è limitata
  • Zone colpite da disastri naturali dove le infrastrutture tradizionali potrebbero essere danneggiate
  • Regioni in via di sviluppo dove la costruzione di infrastrutture terrestri risulterebbe troppo costosa

Il mercato delle costellazioni LEO è in rapida evoluzione, con diversi player che stanno costruendo o espandendo le loro reti. SpaceX Starlink è attualmente il leader del settore con oltre 1.500 satelliti operativi e piani per una costellazione di almeno 12.000 unità. La copertura attuale, sebbene ancora parziale, si sta rapidamente espandendo dalle regioni iniziali (Nord America ed Europa settentrionale) verso una copertura globale.

Altri operatori significativi includono:

  • One Web, che sta costruendo una costellazione globale focalizzata sulla connettività business e istituzionale
  • Amazon Project Kuiper, che ha annunciato piani ambiziosi per una costellazione di oltre 3.000 satelliti
  • Telesat Lightspeed, che punta a servizi di alta qualità per clienti enterprise e governi

Lo sviluppo delle reti satellitari LEO si trova ad affrontare una serie di sfide tecniche e operative complesse che richiederanno innovazioni significative nei prossimi anni. La gestione del traffico spaziale rappresenta una delle sfide più critiche: con migliaia di satelliti in orbita bassa, diventa essenziale sviluppare sistemi sempre più sofisticati per evitare collisioni e gestire il coordinamento delle orbite. Questa problematica è ulteriormente complicata dalla presenza di detriti spaziali e dalla crescente congestione delle orbite basse, richiedendo lo sviluppo di protocolli internazionali di coordinamento e sistemi automatizzati di controllo del traffico spaziale.

Tabella 5: Frequenze nelle comunicazioni satellitari

Le frequenze specializzate per internet of things (iot).

Con la diffusione dell’Internet of Things (IoT), è nata l’esigenza di reti a bassa potenza e lungo raggio, capaci di connettere sensori e dispositivi intelligenti con consumi minimi. Tra le tecnologie più utilizzate spicca il LoRa (Long Range), un protocollo di comunicazione wireless pensato per applicazioni IoT su vasta scala. Tale tecnologia è caratterizzata da basso consumo energetico, Ideale per dispositivi a batteria con durata fino a 10 anni, ampia copertura, ossia i cui segnali ricevibili fino a 15-20 km in aree rurali e 2-5 km in città, bassa velocità di trasmissione, particolarmente adatta per dati di telemetria ma non per streaming o chiamate voce / video, infine fa uso di bande libere (ISM – Industrial, Scientific and Medical), ossia non richiede licenze riducendo così i costi di implementazione (Tabella 6).

Le reti LoRa operano su bande sub-GHz libere, diverse in base alla regione geografica. Le basse frequenze utilizzate da LoRa permettono inoltre una buona penetrazione degli ostacoli (muri, alberi, edifici), rendendola ideale per applicazioni come le Smart Cities (Monitoraggio del traffico, gestione intelligente dell’illuminazione, parcheggi e parametri di qualità dell’aria), l’Agricoltura Intelligente o “agricoltura di precisione” (Sensori per l’umidità del suolo e il controllo delle coltivazioni), il Monitoraggio ambientale (Rilevamento della qualità dell’aria e delle risorse idriche), l’Industria 4.0 (Controllo remoto delle macchine e della logistica). Le reti LoRa sono spesso integrate con il protocollo LoRaWAN, che consente di gestire un elevato numero di dispositivi con una rete centralizzata e scalabile. Grazie alla loro efficienza e flessibilità, le reti LoRa hanno un ruolo importante nella trasformazione digitale e nello sviluppo di infrastrutture IoT globali. In condizioni ottimali, le velocità di trasmissione di LoRa variano tra 0,3 kbps e 50 kbps, con un valore tipico intorno a 5 kbps per molte applicazioni IoT. Ad esempio: lo Smart Metering (contatori intelligenti) richiede 1 kbps sufficiente per trasmettere dati periodicamente.

Tabella 6: Le frequenze utilizzate nell’IOT

Per applicazioni IoT che richiedono maggiore velocità, vengono utilizzate alternative come NB-IoT (Narrowband IoT) e LTE-M, che possono raggiungere velocità di 100-300 kbps, pur mantenendo consumi energetici ridotti. L’NB-IoT (Narrowband IoT) è uno degli standard più diffusi per l’IoT su reti mobili, progettato per dispositivi con basso consumo energetico e ampia copertura. È supportato dagli operatori di telecomunicazioni in oltre 100 paesi ed è particolarmente diffuso in settori come lo Smart Metering, le Smart Cities e il Monitoraggio ambientale agricoltura, la
Logistica e trasporti (tracciamento di container e flotte di veicoli).

Essendo stato recepito nelle specifiche dello standard 5G (3GPP Release 13 e successive), l’NB-IoT è una tecnologia a lunga durata, garantita per essere utilizzata nei prossimi decenni. Inoltre, può operare su bande di frequenza basse (700 MHz, 800 MHz, 900 MHz), permettendo un’ottima copertura anche in ambienti difficili, come sotterranei e aree rurali remote.

L’NB-IoT è ottimizzato per trasmissioni a basso bitrate e comunicazioni occasionali, sacrificando la velocità per migliorare l’efficienza energetica. Non è pensato per trasmettere grandi quantità di dati in tempo reale, ma è perfetto per invio periodico di piccole quantità di dati (es. aggiornamenti ogni ora/giorno). È più veloce di LoRa (che arriva massimo a 50 kbps), ma più lento di LTE-M, che può superare i 1 Mbps.

L’NB-IoT è ampiamente diffuso e in forte crescita grazie alla sua integrazione con le reti 4G e 5G. È ideale per applicazioni IoT che richiedono bassa velocità, basso consumo energetico e ampia copertura, come il monitoraggio ambientale e le smart cities. Tuttavia, per dispositivi con esigenze di maggiore velocità o mobilità, tecnologie come LTE-M e 5G standard sono alternative più adatte.

Nel contesto del 5G, le specifiche della Release 17 del 3GPP hanno introdotto importanti evoluzioni per supportare in modo ancora più efficace l’Internet of Things, con particolare attenzione all’IoT massivo. L’obiettivo è permettere alla rete di gestire milioni di dispositivi per chilometro quadrato, mantenendo bassi consumi energetici e costi ridotti, elementi essenziali per abilitare la diffusione su vasta scala di sensori, contatori intelligenti, dispositivi industriali e wearable.

Per realizzare questa visione, il 5G integra due grandi categorie di interfacce. Da una parte, continuano a essere supportate tecnologie già consolidate nel 4G come NB-IoT (Narrowband IoT) e LTE-M (Enhanced Machine-Type Communications), che ora vengono standardizzate anche nelle reti 5G, garantendo così la compatibilità e la protezione degli investimenti già effettuati. Queste tecnologie sono particolarmente adatte per applicazioni che richiedono bassissima velocità di trasmissione ma estrema affidabilità e autonomia, come il monitoraggio ambientale, la gestione energetica o il tracciamento di oggetti mobili.

Dall’altra parte, la Release 17 introduce una nuova modalità operativa più evoluta: il 5G NR RedCap, acronimo di Reduced Capability. RedCap è una versione semplificata della New Radio del 5G, pensata per dispositivi che richiedono prestazioni intermedie tra quelle dei sensori a bassissima potenza e i terminali 5G completi. Grazie a questa innovazione, dispositivi come telecamere leggere, sensori industriali avanzati e dispositivi medicali portatili possono accedere ai benefici del 5G mantenendo al contempo bassi consumi, minore complessità hardware e costi più contenuti.

Le prestazioni richieste dal 5G per l’IoT massivo sono molto ambiziose: si punta a supportare fino a un milione di dispositivi connessi per chilometro quadrato, garantire una durata della batteria superiore ai dieci anni per i dispositivi a basso consumo e mantenere una buona copertura anche in ambienti difficili, come interni di edifici o aree rurali remote. La latenza, pur non essendo critica per il traffico di tipo massivo, viene comunque mantenuta bassa, mentre le velocità di trasmissione variano da pochi kilobit al secondo per i dispositivi più semplici a centinaia di megabit al secondo per quelli RedCap.

Sempre più frequentemente, tuttavia, le Internet Of Things connettono non solo sensori semplici ma sistemi complessi. Un esempio tra tutti sono le videocamere ad alta qualità, le quali sono oggi utilizzate per un insieme di applicazioni davvero molto ampio e le quali, trasmettendo un segnale video ad alta definizione elaborabile con sofisticati algoritmi software per riconoscimento e interpretazione delle immagini integrano informazioni varie e utili in molti contesti. Si pensi al controllo di accessi, di luoghi, di traffico, di sicurezza. In prospettiva i protocolli per le Internet Of Things saranno a velocità crescente per sostenere la comunicazione con sensori complessi e sistemi intelligenti.

Le frequenze nelle fibre ottiche

Quando pensiamo alle frequenze nel mondo delle telecomunicazioni, ci viene subito in mente l’uso dello spettro radio ma anche nella fibra ottica, sebbene il mezzo di trasmissione sia completamente diverso, il concetto di frequenza è fondamentale. Solo che invece di onde radio, parliamo di onde luminose, cioè segnali ottici che si propagano attraverso un cavo di vetro o di plastica estremamente sottile.

In fibra ottica la comunicazione avviene tramite la luce, emessa da laser o LED molto specializzati. La luce può essere descritta sia come una serie di impulsi temporali sia, più tecnicamente, come una frequenza, esattamente come avviene per le onde radio. La differenza principale è che le frequenze della luce sono milioni di volte più alte rispetto a quelle radio: si parla di frequenze dell’ordine dei terahertz (THz), mentre nel wireless tradizionale siamo nell’ordine di megahertz (MHz) o gigahertz (GHz).

Per essere più pratici, nella fibra ottica si usano specifiche “finestre” di frequenza in cui la trasmissione è più efficiente e le perdite di segnale sono minime. Queste finestre corrispondono a certi intervalli di lunghezza d’onda, perché luce e frequenza sono due facce della stessa medaglia: più la lunghezza d’onda è corta, più la frequenza è alta.

Le finestre più utilizzate nelle telecomunicazioni in fibra sono intorno ai 1300 nanometri e ai 1550 nanometri di lunghezza d’onda. La finestra dei 1550 nm ( che equivale a 134 THz) è particolarmente importante perché in questa regione il segnale subisce pochissima attenuazione e può viaggiare per decine o anche centinaia di chilometri senza bisogno di essere rigenerato.

Per migliorare la capacità di trasporto dei dati sulla stessa fibra, nel tempo si è sviluppata una tecnica chiamata WDM (Wavelength Division Multiplexing). WDM consiste nel trasmettere contemporaneamente diversi segnali su lunghezze d’onda diverse, come se sulla stessa strada viaggiassero più automobili, ognuna nella sua corsia invisibile. È un po’ come se ogni colore della luce corrispondesse a un canale di comunicazione separato. In questo modo una singola fibra ottica può trasportare migliaia di gigabit al secondo, una capacità quasi impossibile da immaginare con mezzi tradizionali.

Con il passare degli anni, questa tecnica si è affinata ancora di più con il Dense WDM (DWDM), che permette di inserire moltissimi canali molto vicini tra loro, e con il Coarse WDM (CWDM), usato su distanze più brevi. Oggi le reti in fibra ottica che collegano le grandi città, i data center o addirittura continenti diversi si basano largamente su questi principi.

Nonostante le fibre siano molto efficienti, i segnali ottici non sono perfetti. Durante il percorso possono degradarsi a causa di fenomeni fisici come la dispersione e l’attenuazione. Per risolvere questi problemi si utilizzano dispositivi come amplificatori ottici (che rafforzano il segnale senza convertirlo in elettrico) o tecniche di compensazione della dispersione. Anche in questi casi la gestione delle frequenze rimane essenziale: bisogna mantenere separati i canali, evitare sovrapposizioni e ottimizzare l’utilizzo della banda disponibile.

Un’altra innovazione interessante è l’uso di modulazioni avanzate, come il QAM (Quadrature Amplitude Modulation), che permette di codificare più bit per ogni simbolo trasmesso. Queste tecniche richiedono un controllo ancora più preciso sulle frequenze e sulla qualità del segnale, perché ogni minimo errore potrebbe tradursi in perdita di dati.

In conclusione, anche se la fibra ottica trasporta la luce invece delle onde radio, il concetto di frequenza rimane centrale. Gestire correttamente le frequenze ottiche permette di sfruttare al massimo la capacità delle reti, garantire connessioni sempre più veloci e affidabili e rendere possibile l’infrastruttura digitale che sostiene tutto, da internet ai servizi cloud, dai collegamenti mobili 5G alle comunicazioni tra server nei data center.

La fibra ottica, insomma, è parte essenziale del “sistema nervoso” del mondo digitale moderno, e il corretto utilizzo delle frequenze è uno dei segreti del suo straordinario successo.

Interferenze e gestione dello spettro

La gestione dello spettro radio è fondamentale per garantire comunicazioni affidabili ed efficienti, evitando interferenze tra diversi servizi e ottimizzando l’uso delle risorse disponibili. Esistono vari tipi di interferenza. L’interferenza co-canale (CCI-CO-CHANNEL INTERFERENCE) si verifica quando due trasmettitori operano sulla stessa frequenza all’interno della stessa area geografica ed è un problema comune nelle reti cellulari, dove celle adiacenti riutilizzano le stesse frequenze. Le soluzioni sono la rigorosa pianificazione delle frequenze nelle reti cellulari e l’uso di tecniche come il frequency reuse (riutilizzo delle frequenze) su celle non adiacenti.

L’interferenza tra canali adiacenti (ACI – ADJACENT Channel Interference). Si verifica quando un segnale forte su una frequenza vicina “trabocca” su un’altra frequenza, causando distorsioni molto comune nel Wi-Fi, dove reti sovrapposte causano degrado della connessione. Le soluzioni sono l’uso di canali non sovrapposti (es. 1, 6, 11 nel Wi-Fi a 2,4 GHz) ed eventuali filtri passa-banda per ridurre il rumore tra bande adiacenti. L’interferenza da segnali spuri deriva da trasmettitori di bassa qualità o da malfunzionamenti dei dispositivi elettronici, ad esempio, alimentatori switching che emettono rumore sulle frequenze radio o Radar che disturbano le comunicazioni Wi-Fi e LTE.

Infine, dispositivi elettronici come microonde, motori elettrici e neon possono emettere segnali che disturbano le telecomunicazioni cosa comune nelle bande libere (es. Wi-Fi a 2,4 GHz disturbato da forni a microonde).

Come abbiamo visto, molti satelliti per telecomunicazioni operano nelle bande C, Ku e Ka, che si sovrappongono o sono adiacenti a frequenze destinate alle reti mobili, in particolare per il 5G. Uno dei problemi più critici riguarda la coesistenza tra le reti 5G nella banda 3,3-3,8 GHz e i servizi satellitari in banda C (3,7-4,2 GHz). In tale banda i segnali 5G possono disturbare i ricevitori satellitari e viceversa. Negli Stati Uniti, la FCC ha imposto una “zona di protezione” di 20 MHz tra 3,8 e 4 GHz per ridurre le interferenze.

Il futuro 6G utilizzerà frequenze oltre i 100 GHz, dove operano anche alcuni sistemi di comunicazione satellitare avanzata. Le sfide includono maggiore rischio di interferenza atmosferica e attenuazione. Possibile sovrapposizione con satelliti per Earth Observation e comunicazioni spaziali. Necessità di coordinamento tra reti mobili e reti satellitari per evitare degrado del servizio.

Tabella 7: Principali condivisioni delle bande di frequenza tra telecomunicazioni mobili e satellitari.

La mitigazione delle interferenze è un aspetto fondamentale nella progettazione e nella gestione delle reti di telecomunicazione, al fine di garantire una qualità elevata del servizio e un uso efficiente dello spettro radio. Tra le strategie adottate, un ruolo chiave è svolto dall’allocazione intelligente delle frequenze, che consente agli operatori di pianificare l’uso dello spettro evitando sovrapposizioni tra segnali e riducendo la congestione. In particolare, gli standard LTE e 5G impiegano sofisticati algoritmi di assegnazione dinamica delle frequenze, capaci di adattarsi in tempo reale alle condizioni della rete e del traffico, ottimizzando così la distribuzione delle risorse radio.

Un’altra famiglia di tecniche efficaci e largamente utilizzata, è quella del multiplexing, che consente la separazione dei segnali per massimizzare l’utilizzo dello spettro disponibile. Il Frequency Division Multiplexing (FDM) suddivide lo spettro in più canali distinti, mentre il Time Division Multiplexing (TDM) assegna specifici slot temporali a ciascun segnale. Tecnologie più avanzate, come il Code Division Multiple Access (CDMA), codificano i segnali per consentire la trasmissione simultanea su una stessa frequenza senza interferenze, mentre l’Orthogonal Frequency Division Multiple Access (OFDMA), ampiamente utilizzata nelle reti 4G e 5G, divide lo spettro in sotto canali ortogonali per ottimizzare la gestione dei dati in ambienti ad alta densità di utenti.

Nel campo della trasmissione avanzata, il beamforming, ossia la creazione di diagrammi di radiazione molto precisi con sagome articolate, permette di focalizzare il segnale radio in una direzione specifica, riducendo l’irradiazione verso aree non interessate e limitando così le interferenze con altri utenti o sistemi. Allo stesso modo, la tecnologia MIMO (Multiple Input Multiple Output) sfrutta più antenne per trasmettere e ricevere segnali simultaneamente, aumentando la capacità della rete e migliorando l’affidabilità della connessione senza introdurre interferenze aggiuntive.

Con l’aumento esponenziale della domanda di connettività, le tradizionali tecniche statiche di gestione dello spettro risultano sempre più inadeguate a garantire efficienza e flessibilità. In questo contesto emergono due approcci innovativi destinati a trasformare radicalmente le reti mobili e satellitari di nuova generazione: l’allocazione dinamica dello spettro (Dynamic Spectrum Allocation, DSA) e le reti cognitive.

L’allocazione dinamica dello spettro consente alle reti di riconfigurare in tempo reale l’uso delle frequenze, adattandosi automaticamente alla disponibilità e al carico di traffico. Un esempio concreto è l’introduzione del Dynamic Spectrum Sharing (DSS) nelle reti 5G, che permette di condividere le stesse bande di frequenza tra LTE e 5G, senza bisogno di assegnazioni statiche e rigide. Questo approccio consente di massimizzare l’efficienza dello spettro disponibile, semplificando la coesistenza tra diverse tecnologie e favorendo una transizione graduale verso le nuove reti.

Le reti cognitive, invece, rappresentano una vera e propria evoluzione intelligente nella gestione dello spettro. Grazie all’uso dell’intelligenza artificiale e del machine learning, questi sistemi sono in grado di analizzare continuamente l’ambiente radio per ottimizzare l’utilizzo delle frequenze. Una delle funzioni fondamentali è lo spectrum sensing, che consente di rilevare in tempo reale le bande libere o sottoutilizzate, permettendo così alle reti di adattarsi dinamicamente senza causare interferenze. A questo si aggiungono lo spectrum sharing, che abilita la condivisione efficiente dello spettro tra utenti diversi, e il dynamic power control, che regola automaticamente la potenza del segnale per ridurre l’impatto sugli altri sistemi e migliorare l’efficienza energetica.

Queste tecnologie assumono un ruolo cruciale soprattutto in vista dell’arrivo del 6G e della diffusione delle reti ultra-dense, dove la competizione per l’accesso alle risorse radio sarà ancora più accentuata. L’allocazione dinamica e le reti cognitive offriranno gli strumenti necessari per affrontare le sfide di uno spettro sempre più affollato, abilitando scenari di comunicazione più intelligenti, adattivi e resilienti.

Le frequenze nelle telecomunicazioni del futuro: l’era dei terahertz

Il futuro delle telecomunicazioni sarà sempre più legato a un uso intelligente, dinamico ed efficiente dello spettro radio. L’evoluzione tecnologica in atto sta trasformando profondamente il panorama delle reti, con l’espansione delle architetture mobili verso il 6G, l’utilizzo di nuove bande come quelle Terahertz (THz), e l’integrazione crescente dell’intelligenza artificiale nei processi di gestione delle frequenze. In un mondo in cui la domanda di connettività è in costante crescita, sarà essenziale innovare sia dal punto di vista infrastrutturale sia in termini di strategie di ottimizzazione dell’uso dello spettro.

Uno degli sviluppi più significativi è stato l’introduzione del 5G, la prima tecnologia mobile a utilizzare in modo estensivo le frequenze millimetriche, comprese tra i 24 e i 100 GHz. Questo ha permesso di raggiungere velocità di trasmissione dell’ordine di una decina di gigabit al secondo, riducendo al minimo la latenza e rendendo possibili applicazioni in tempo reale come la guida autonoma o la chirurgia da remoto. Il 5G, inoltre, è in grado di supportare un numero elevatissimo di dispositivi connessi simultaneamente, caratteristica fondamentale per lo sviluppo dell’IoT industriale, delle città intelligenti e delle reti ad altissima densità.

Tuttavia, l’impiego delle onde millimetriche presenta sfide importanti. La copertura risulta limitata, poiché queste onde vengono facilmente assorbite da ostacoli come edifici, alberi o anche dalla semplice pioggia. L’attenuazione atmosferica, infatti, è uno dei principali fattori di degrado del segnale in queste bande. A questo si aggiungono i costi elevati per le infrastrutture, poiché la propagazione del segnale richiede un numero significativamente maggiore di antenne rispetto alle reti 4G. Per ovviare a queste criticità, vengono adottate soluzioni come l’installazione di small cells, ovvero mini-stazioni radio distribuite in modo capillare negli spazi urbani, il beamforming, che focalizza il segnale nella direzione del ricevente, e il dynamic spectrum sharing, che consente di condividere le stesse bande di frequenza tra 4G e 5G, riducendo la congestione e migliorando la flessibilità della rete.

Se il 5G rappresenta un punto di svolta, le cui potenzialità come, già detto, non sono ancora state del tutto evidenziate, il 6G promette una ulteriore rivoluzione. Previsto per entrare in scena intorno al 2030, il 6G farà uso di frequenze comprese tra i 100 GHz e 1 THz, aprendo la strada a scenari applicativi finora inimmaginabili. Le reti 6G raggiungeranno velocità superiori ai 100 Gbps, consentendo, ad esempio, il download di contenuti multimediali in pochi millisecondi. La latenza sarà ulteriormente abbattuta, con valori ben inferiori al millisecondo, elemento cruciale per le applicazioni in realtà aumentata e virtuale, mentre la copertura sarà estesa anche alle zone più remote grazie all’integrazione di satelliti in orbita bassa. Le reti saranno profondamente integrate con l’intelligenza artificiale, che gestirà l’allocazione delle frequenze in modo completamente autonomo, in funzione del traffico, della congestione e delle priorità applicative.

Tra le applicazioni attese con il 6G vi sono comunicazioni immersive con ologrammi 3D, realtà aumentata evoluta per smart working e collaborazione a distanza, sensori THz in ambito medico per diagnosi senza contatto e perfino l’“Internet dei sensi”, ovvero la trasmissione di stimoli tattili, sonori e olfattivi tramite rete. Un altro ambito innovativo sarà quello delle telecomunicazioni quantistiche, che promettono comunicazioni assolutamente sicure, basate su principi di meccanica quantistica come l’entanglement. Tuttavia, l’uso delle frequenze terahertz pone sfide complesse: la portata è estremamente ridotta, le attuali infrastrutture non sono adatte a gestire tali bande, e i consumi energetici sono ancora troppo elevati. Sarà quindi necessario sviluppare nuovi materiali, architetture e tecnologie a basso consumo per rendere il 6G realmente sostenibile e scalabile.

L’intelligenza artificiale avrà un ruolo centrale nell’ottimizzazione dello spettro. Sarà chiamata a rendere il suo utilizzo dinamico e adattivo, risolvendo in tempo reale situazioni di congestione, interferenze o squilibri nella domanda. Le cosiddette reti cognitive saranno in grado di scegliere autonomamente le frequenze migliori per ogni dispositivo, garantendo la massima efficienza operativa. L’allocazione dinamica dello spettro permetterà ai sistemi di rete di adattare continuamente la trasmissione sulla base delle condizioni radio e del traffico. Inoltre, l’AI contribuirà all’ottimizzazione energetica, gestendo intelligentemente il trade-off tra potenza trasmessa, copertura e consumo. Tra le applicazioni già in uso vi sono le Self-Optimizing Networks (SON), capaci di autoregolarsi senza intervento umano, i sistemi di riconoscimento delle interferenze e quelli di manutenzione predittiva, che anticipano i guasti riducendo i tempi di inattività.

Altro fronte strategico sarà quello delle reti quantistiche, destinate a rivoluzionare la sicurezza delle telecomunicazioni. Tecnologie come la Quantum Key Distribution (QKD) permetteranno lo scambio di chiavi crittografiche a prova di intercettazione, rendendo i dati trasmessi teoricamente inviolabili. Infine, l’integrazione delle reti radio con le Smart Cities e l’Internet of Things porterà alla creazione di infrastrutture ultra-dense, con sensori ovunque per monitorare traffico, qualità dell’aria, reti idriche ed elettriche. Le case diventeranno sempre più connesse, grazie alla domotica evoluta, mentre i veicoli autonomi potranno dialogare costantemente tra loro e con le infrastrutture per garantire sicurezza e fluidità nel traffico urbano.

In sintesi, le frequenze nelle telecomunicazioni non saranno più semplicemente risorse da assegnare, ma diventeranno elementi dinamici, gestiti da sistemi intelligenti e adattivi, in un ecosistema in cui reti terrestri, satellitari, cognitive e quantistiche coesisteranno e collaboreranno. Il futuro delle frequenze sarà, in definitiva, il futuro stesso delle comunicazioni.

Sicurezza delle radiazioni elettromagnetiche

Nei paragrafi precedenti abbiamo visto che le telecomunicazioni dipendono in modo cruciale dalla disponibilità di frequenze e dalla diffusione dei campi elettromagnetici che trasportano le onde radio. La crescita continua e sostenuta del traffico da e verso i terminali mobili (prevalentemente gli smartphone, ma sempre di più gli oggetti intelligenti dell’Internet of Things), che nel 2024 h fatto registrare, nel nostro Paese, un ulteriore + 16% rispetto al 2023, e la crescita delle performance per sostenere le applicazioni e servizi innovativi, conduce alla necessità di accendere altre importanti gamme di frequenza. Abbiamo visto che nella nuova generazione, il 6G, si entrerà nel mondo dei Teraherz.

A fronte di questo scenario sussiste un timore, che periodicamente riaffiora, sugli effetti dei campi elettromagnetici alle alte frequenze sui tessuti umani. Nello sviluppo del 5G ci siamo imbattuti nuovamente in alcune iniziative contro l’istallazione di nuove antenne o, in generale, contro il deployment del 5G. Ancora una volta è utile ricordare che tutti gli studi ad oggi noti non indicano alcun impatto delle frequenze e delle potenze dei campi elettromagnetici delle reti radiomobili. Infatti, le radiazioni emesse da queste antenne appartengono alla categoria non ionizzante, ovvero non hanno energia sufficiente per rompere i legami chimici o danneggiare direttamente il DNA, a differenza delle radiazioni ionizzanti (es. raggi X, raggi gamma).

L’Autorità ICNIRP (International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection), è l’organismo di riferimento per la definizione dei limiti di esposizione alle radiazioni elettromagnetiche. Le sue linee guida, aggiornate nel 2020, si basano su una vasta revisione della letteratura scientifica e non riscontrano evidenze di danni alla salute sotto i limiti stabiliti. Questi limiti sono ampiamente conservativi e includono margini di sicurezza anche 50 volte inferiori alla soglia in cui si iniziano a osservare effetti biologici (come il riscaldamento dei tessuti).

SCHEER (Scientific Committee on Health, Environmental and Emerging Risks – Commissione Europea), ha confermato nel 2022 che non ci sono evidenze convincenti di effetti avversi alla salute se i limiti di esposizione sono rispettati e che è importante monitorare continuamente la letteratura scientifica, dato il rapido evolversi delle tecnologie (es. 5G, 6G).

L’Italia è tra i Paesi con i limiti più restrittivi al mondo: 15 V/m nei luoghi dove si permane per più di 4 ore al giorno (scuole, abitazioni, uffici), recentemente adeguata, almeno parzialmente, rispetto ai limiti che interessano le altre parti del mondo. I limiti italiani sono tutt’ora i più bassi rispetto a quelli ICNIRP, che vanno da 41 a 61 V/m a seconda della frequenza.

Tutte le prove scientifiche oggi disponibili dimostrano che non vi sono pericoli per la salute umana alle intensità di campo generate dalle antenne entro i limiti di legge. Le principali agenzie scientifiche internazionali sono concordi su questo punto. Il dibattito è alimentato da una percezione del rischio, spesso sproporzionata rispetto ai dati oggettivi. È importante mantenere comunicazione, trasparenza e coinvolgimento dei cittadini in quanto essi sono strumenti fondamentali per ridurre la diffidenza.

Nel panorama delle telecomunicazioni, la potenza di emissione delle antenne varia sensibilmente in funzione della tecnologia utilizzata e dello scopo del sistema. Un confronto tra le principali tipologie – antenne per la telefonia mobile, per la diffusione televisiva e sistemi satellitari – permette di comprendere meglio l’entità dell’esposizione elettromagnetica generata dalle diverse sorgenti.

Le stazioni radio base per la telefonia mobile operano con potenze relativamente contenute, distribuite su più settori e frequenze. La potenza tipica in uscita da ciascun amplificatore di trasmissione si aggira tra i 10 e gli 80 watt per settore, con valori più elevati in scenari rurali e più contenuti in ambito urbano. Ogni stazione è solitamente composta da tre settori con antenne orientate a 120°, ciascuna delle quali può trasmettere su più bande contemporaneamente (es. 700 MHz, 1800 MHz, 3.5 GHz).

Nel complesso, la potenza totale irradiata da un sito radiomobile può variare da circa 100 a 500 watt, ma tale potenza è distribuita spazialmente attraverso antenne direttive e su diverse frequenze. Va sottolineato che, nonostante la potenza erogata, il livello di campo elettrico a livello del suolo è generalmente basso (spesso compreso tra 0,1 e 2 V/m), grazie alla distanza dell’antenna e alla conformazione del fascio radiato.

Le antenne di broadcasting televisivo operano con potenze nettamente superiori rispetto alle stazioni radiomobili. I principali impianti di trasmissione nazionali possono raggiungere potenze ERP (Effective Radiated Power) dell’ordine di 100 kW fino a 500 kW, soprattutto per i multiplex nazionali in banda UHF (470–694 MHz) o in VHF (174–230 MHz) con il nuovo standard DVB-T2.

La grande potenza è necessaria per garantire la copertura su vaste aree, ma viene irradiata in modo meno selettivo rispetto alla telefonia mobile. Gli impianti secondari (ripetitori locali) hanno potenze inferiori, da 50 watt a qualche kilowatt, in funzione dell’area servita.

I satelliti trasmettono segnali verso la Terra con potenze contenute, ma a frequenze più elevate e con fasci concentrati. La potenza trasmessa in downlink varia da 10 a 200 watt per transponder, con differenze notevoli in base al tipo di satellite. I satelliti geostazionari per TV satellitare o comunicazioni fisse utilizzano fasci direzionali (spot beam) per migliorare l’efficienza, operando tipicamente tra 1 e 30 GHz (es. banda Ku e Ka). I satelliti per navigazione (es. GPS, Galileo) trasmettono a potenze intorno a 25–50 watt, ma il segnale ricevuto sulla superficie terrestre è estremamente debole, dell’ordine di -130 dBm (ovvero meno di un picowatt). Le costellazioni LEO (come Starlink) utilizzano beamforming attivo per dirigere la trasmissione verso il terminale utente, con potenze equivalenti di pochi watt per connessione, ma con una modulazione e frequenza (es. 10–30 GHz) che ottimizzano l’efficienza del link.

Conclusioni

Le frequenze, invisibili ma onnipresenti, rappresentano la spina dorsale delle comunicazioni moderne. Dalla prima scintilla radio di oltre un secolo fa ai sofisticati sistemi 5G e oltre, il cammino delle telecomunicazioni è stato un continuo viaggio alla scoperta, all’espansione e all’ottimizzazione dell’uso dello spettro. Abbiamo visto come le frequenze siano diventate il tessuto connettivo tra uomini, macchine e infrastrutture, portando la voce, i dati e persino le immagini in movimento ovunque nel mondo, e persino nello spazio.

Attraverso le bande radio più tradizionali, le reti mobili hanno conquistato la vita quotidiana, mentre le reti Wi-Fi hanno reso possibile la connessione capillare dentro le case e nei luoghi di lavoro. I satelliti, un tempo strumenti pionieristici, si moltiplicano ora in costellazioni LEO che promettono Internet globale e immediato, sfidando le distanze e le barriere geografiche. L’IoT sta già trasformando città, industrie, agricoltura e sanità, grazie alla possibilità di collegare miliardi di oggetti con intelligenza e autonomia. Le fibre ottiche, infine, silenziose e potenti, costituiscono la grande dorsale invisibile che sostiene e alimenta tutto questo, trasportando impulsi di luce attraverso continenti e oceani.

Il futuro si apre ora verso orizzonti ancora più affascinanti. L’esplorazione dei Terahertz ci porterà verso il 6G e nuovi modi di comunicare ancora inimmaginabili, rendendo possibili applicazioni che sfidano oggi la nostra fantasia. I satelliti, sempre più piccoli ed efficienti, dialogheranno con le reti terrestri in un ecosistema integrato che sarà il vero motore di una società sempre più connessa, automatizzata e intelligente.

La scienza ci guida, come sempre, con rigore e responsabilità. Gli studi sulle radiazioni non ionizzanti continuano a garantire che l’evoluzione tecnologica proceda in armonia con la salute umana e l’ambiente, dissipando timori infondati e confermando che possiamo guardare con serenità allo sviluppo di nuove bande di frequenza. Siamo di fronte a una straordinaria stagione di opportunità. La capacità di trasmettere e ricevere informazioni sempre più rapidamente e con sempre meno limiti spaziali sarà la chiave per rispondere alle grandi sfide globali: dalla sostenibilità alla salute, dalla mobilità intelligente all’inclusione digitale. Le frequenze, con la loro magia silenziosa, continueranno a essere protagoniste di questo cambiamento. Sta a noi, come comunità scientifica, industriale e sociale, abbracciare questa evoluzione con intelligenza, fiducia e immaginazione, perché il futuro, ancora una volta, parlerà attraverso di loro.

EU Stories - La coesione innova l'Italia

Tutti
INIZIATIVE
ANALISI
PODCAST
L'ANALISI
Video&podcast
Analisi
VIDEO&PODCAST
Video & Podcast
Social
Iniziative
IL PROGETTO
5GMed, ecco i quattro casi d’uso per la mobilità europea
L'APPELLO
Banda 6GHz chiave di volta del 6G: le telco europee in pressing su Bruxelles
EU COMPASS
Tlc, l’Europa adotta la linea Draghi: ecco la “bussola” della nuova competitività
ECONOMIE
EU Stories, il podcast | Politica industriale in Puglia: attrazione di talenti creativi e investimenti esteri grazie ai fondi di coesione
L'APPROFONDIMENTO
La coesione è ricerca e innovazione. Long form sugli impatti del FESR 2014-2020 nel quadro della Strategia di Specializzazione Intelligente a favore della ricerca e dell’innovazione
L'APPROFONDIMENTO
Pnrr e banda ultralarga: ecco tutti i fondi allocati e i target
L'ANNUARIO
Coesione e capacità dei territori
INNOVAZIONE
EU Stories | Dalla produzione industriale a fucina di innovazione: come il Polo universitario della Federico II a San Giovanni a Teduccio ha acceso il futuro
L'INIZIATIVA
DNSH e Climate proofing: da adempimento ad opportunità. Spunti e proposte dal FORUM PA CAMP Campania
INNOVAZIONE
EU Stories, il podcast | Laboratori Aperti: riqualificazione e innovazione in 10 città dell’Emilia-Romagna
Da OpenCoesione 3.0 a Cap4City: ecco i progetti finanziati dal CapCoe.  Il podcast “CapCoe. La coesione riparte dalle persone”
Capacità amministrativa e coesione: il binomio vincente per lo sviluppo dei territori
FORUM PA PLAY: come unire sostenibilità e investimenti pubblici. Speciale FORUM PA CAMP Campania
Scenari
Il quadro economico del Sud: tra segnali di crescita e nuove sfide
Sostenibilità
Lioni Borgo 4.0: un passo verso la città del futuro tra innovazione e sostenibilità
Podcast
Centro Servizi Territoriali: uno strumento per accompagnare gli enti nell’attuazione della politica di coesione. Il podcast “CapCoe. La coesione riparte dalle persone”
Podcast
EU Stories, il podcast | Politiche di coesione e comunicazione: una sinergia per il futuro
Opinioni
La comunicazione dei fondi europei da obbligo ad opportunità
eBook
L'analisi della S3 in Italia
Norme UE
European Accessibility Act: passi avanti verso un’Europa inclusiva
Agevolazioni
A febbraio l’apertura dello sportello Mini Contratti di Sviluppo
Quadri regolamentari
Nuovi Orientamenti sull’uso delle opzioni semplificate di costo
Coesione
Nuovo Bauhaus Europeo (NEB): i premi che celebrano innovazione e creatività
Dossier
Pubblicato il long form PO FESR 14-20 della Regione Sicilia
Iniziative
400 milioni per sostenere lo sviluppo delle tecnologie critiche nel Mezzogiorno
Formazione
“Gian Maria Volonté”: dalle aule al mondo del lavoro, focus sui tirocini della Scuola d’Arte Cinematografica
TRANSIZIONE ENERGETICA
Il ruolo del finanziamento BEI per lo sviluppo del fotovoltaico in Sicilia
Formazione
“Gian Maria Volonté”: dalla nascita ai progetti futuri, focus sulla Scuola d’Arte Cinematografica. Intervista al coordinatore Antonio Medici
MedTech
Dalla specializzazione intelligente di BionIT Labs una innovazione bionica per la disabilità
Finanza sostenibile
BEI e E-Distribuzione: investimenti per la sostenibilità energetica
Professioni
Servono competenze adeguate per gestire al meglio i fondi europei
Master
Come formare nuove professionalità per governare e gestire al meglio i fondi europei?
Programmazione UE
Assunzioni per le politiche di coesione: prossimi passi e aspettative dal concorso nazionale. Il podcast “CapCoe. La coesione riparte dalle persone”
innovazione sociale
Rigenerazione urbana: il quartiere diventa un hub dell’innovazione. La best practice di San Giovanni a Teduccio
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia
IL PROGETTO
5GMed, ecco i quattro casi d’uso per la mobilità europea
L'APPELLO
Banda 6GHz chiave di volta del 6G: le telco europee in pressing su Bruxelles
EU COMPASS
Tlc, l’Europa adotta la linea Draghi: ecco la “bussola” della nuova competitività
ECONOMIE
EU Stories, il podcast | Politica industriale in Puglia: attrazione di talenti creativi e investimenti esteri grazie ai fondi di coesione
L'APPROFONDIMENTO
La coesione è ricerca e innovazione. Long form sugli impatti del FESR 2014-2020 nel quadro della Strategia di Specializzazione Intelligente a favore della ricerca e dell’innovazione
L'APPROFONDIMENTO
Pnrr e banda ultralarga: ecco tutti i fondi allocati e i target
L'ANNUARIO
Coesione e capacità dei territori
INNOVAZIONE
EU Stories | Dalla produzione industriale a fucina di innovazione: come il Polo universitario della Federico II a San Giovanni a Teduccio ha acceso il futuro
L'INIZIATIVA
DNSH e Climate proofing: da adempimento ad opportunità. Spunti e proposte dal FORUM PA CAMP Campania
INNOVAZIONE
EU Stories, il podcast | Laboratori Aperti: riqualificazione e innovazione in 10 città dell’Emilia-Romagna
Da OpenCoesione 3.0 a Cap4City: ecco i progetti finanziati dal CapCoe.  Il podcast “CapCoe. La coesione riparte dalle persone”
Capacità amministrativa e coesione: il binomio vincente per lo sviluppo dei territori
FORUM PA PLAY: come unire sostenibilità e investimenti pubblici. Speciale FORUM PA CAMP Campania
Scenari
Il quadro economico del Sud: tra segnali di crescita e nuove sfide
Sostenibilità
Lioni Borgo 4.0: un passo verso la città del futuro tra innovazione e sostenibilità
Podcast
Centro Servizi Territoriali: uno strumento per accompagnare gli enti nell’attuazione della politica di coesione. Il podcast “CapCoe. La coesione riparte dalle persone”
Podcast
EU Stories, il podcast | Politiche di coesione e comunicazione: una sinergia per il futuro
Opinioni
La comunicazione dei fondi europei da obbligo ad opportunità
eBook
L'analisi della S3 in Italia
Norme UE
European Accessibility Act: passi avanti verso un’Europa inclusiva
Agevolazioni
A febbraio l’apertura dello sportello Mini Contratti di Sviluppo
Quadri regolamentari
Nuovi Orientamenti sull’uso delle opzioni semplificate di costo
Coesione
Nuovo Bauhaus Europeo (NEB): i premi che celebrano innovazione e creatività
Dossier
Pubblicato il long form PO FESR 14-20 della Regione Sicilia
Iniziative
400 milioni per sostenere lo sviluppo delle tecnologie critiche nel Mezzogiorno
Formazione
“Gian Maria Volonté”: dalle aule al mondo del lavoro, focus sui tirocini della Scuola d’Arte Cinematografica
TRANSIZIONE ENERGETICA
Il ruolo del finanziamento BEI per lo sviluppo del fotovoltaico in Sicilia
Formazione
“Gian Maria Volonté”: dalla nascita ai progetti futuri, focus sulla Scuola d’Arte Cinematografica. Intervista al coordinatore Antonio Medici
MedTech
Dalla specializzazione intelligente di BionIT Labs una innovazione bionica per la disabilità
Finanza sostenibile
BEI e E-Distribuzione: investimenti per la sostenibilità energetica
Professioni
Servono competenze adeguate per gestire al meglio i fondi europei
Master
Come formare nuove professionalità per governare e gestire al meglio i fondi europei?
Programmazione UE
Assunzioni per le politiche di coesione: prossimi passi e aspettative dal concorso nazionale. Il podcast “CapCoe. La coesione riparte dalle persone”
innovazione sociale
Rigenerazione urbana: il quartiere diventa un hub dell’innovazione. La best practice di San Giovanni a Teduccio
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia

Articoli correlati

Articolo 1 di 4

OSZAR »