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Gatti neri, venerdì 13, l’AI che ruba il lavoro agli avvocati: stereotipi giuridici sull’innovazione



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L’AI in ambito giuridico è sempre più usata e questo in alcuni professionisti comporta qualche timore, come il fatto che possa sostituire il lavoro degli avvocati: ecco come stanno davvero le cose

Pubblicato il 5 mag 2025

Luigi Viola

Avvocato, co-founder GiuriMatriX, condirettore di GiuIA, Consulente ufficiale della Commissione per l'efficienza della giustizia (CEPEJ) del Consiglio d'Europa



giudici con l'IA responsabilità penale dell'AI AI lavoro avvocati

Da qualche anno il tema dell’intelligenza artificiale per avvocati e in generale in ambito giuridico ha subito un’attenzione enorme. Ne sono prova l’implementazione di normativa ad hoc, come il regolamento AI act dell’Unione Europea, oppure il Ddl sull’intelligenza artificiale in Italia, le leggi regionali, l’aumento esponenziale di convegni e seminari espressamente dedicati con una frequenza media di uno ogni due giorni, la primissima giurisprudenza sull’uso di IA da parte di avvocati con l’ordinanza del 14 marzo 2025 del Tribunale ordinario di Firenze, sezione imprese.

Eppure, quasi in modo proporzionato, con l’innalzamento dell’attenzione su questi temi, si sono diffusi diversi luoghi comuni, ovvero enunciazioni per lo più basati su pregiudizi. Con pregiudizio si intende proprio il suo significato originario: dal latino prae (prima) e iudicium (giudizio), id est un giudizio precedente alla conoscenza dell’oggetto della discussione. In questo contributo, si procede all’analisi dei più diffusi.

Perché si teme che l’AI ruberà il lavoro agli avvocati

E’ opinione di alcuni che l’intelligenza artificiale generativa potrà sostituire gli avvocati, in ragione della sua capacità di elaborare tesi difensive.

In sostanza si afferma:

  • se l’avvocato svolge l’attività x+y per 10 ore di lavoro;
  • se la IA svolge l’attività x+y per 5 minuti di lavoro;
  • allora ne segue che la IA, in quanto più performante almeno in termini di riduzione del tempo, ben potrebbe essere preferita al professionista avvocato.

Si ritiene non sarà così, per le seguenti ragioni:

  • la IA è strumento, con la conseguenza di dipendere principalmente, se non esclusivamente, dall’utilizzatore; nessun oggetto può sostituire un soggetto;
  • al massimo, come è stato sostenuto da alcuni analisti, l’avvocato che usa la IA sostituirà colui che non la usa; lo stesso è avvenuto con il computer o con la macchina da scrivere.

Affermare che un oggetto, ex se, possa sostituire un soggetto è affermazione fallace: al più è il soggetto che usa l’oggetto a sostituire il soggetto che non lo usa.

L’AI non rende migliore il lavoro degli avvocati non bravi

Per alcuni, a causa della IA, anche l’avvocato non bravo potrebbe diventare bravo, riducendo il distacco professionale con quello bravo davvero.

Si ipotizza:

  • se l’avvocato Tizio è bravo 10, in conseguenza di tanta dedizione e tempo dedicato al lavoro pari ad X;
  • la IA è brava 10, in conseguenza di un “addestramento” pari a Z;
  • allora ne segue che Caio, che da solo è bravo 1, nel momento in cui usa la IA, diventa bravo 10, cioè in misura pari a Tizio.

Questa, si dice, sarebbe un’ingiustizia.

Invero non è così perché l’avvocato non bravo è inidoneo ad usare proficuamente la IA; per usarla, è necessario saper porre correttamente la domanda (prompt), che vuol dire principalmente conoscere bene il diritto; il bravo professionista può evolversi ulteriormente, senza essere superato; restando all’esempio precedente, se Tizio usa la IA, allora diviene bravo 10n (10 moltiplicato per n). Per usare la c.d. intelligenza artificiale bisogna essere ancora più intelligenti e, volendo fare un’analogia, non basta possedere un’auto da corsa eccezionale, per essere ottimi piloti; anzi, l’auto da corsa eccezionale, guidata da un pilota di scarso livello, può causare addirittura maggiori danni.

E se il giudice diventa un robot?

Qualcuno sostiene che, con l’avvento della IA, il giudice potrebbe essere sostituito da un robot. Non solo l’avvocato, come sopra indicato, ma anche il giudice. Invero, ciò non è ammissibile perchè la normativa italiana ed europea (AI act) non lo permette, le IA forniscono supporto, ma non hanno ‘autorità’ giuridica e la valutazione sulle prove, soprattutto quelle cosiddette libere, cioè quelle secondo prudente apprezzamento ex art. 116 c.p.c. ad esempio, non è sostituibile, trattandosi di concetto non determinato.

Inoltre, esistono clausole valoriali non ponderabili da una IA, come buona fede, equità, oppure formule tipicamente umane come lo stato d’ira (diritto penale). In ogni caso, alcune attività (almeno quelle c.d. computazionali) ben potrebbero essere agevolate: si pensi, esemplificativamente, al calcolo dei termini processuali, oppure della prescrizione.

In altri termini, esistono alcune disposizioni (ndr: alcune, non tutte) che vengono chiamate, da una parte della dottrina, come scientifiche: sono disposizioni assolutamente non controvertibili (ad esempio, le parti di testo che prevedono la somma di due entità numeriche, comunque riferimenti numerici); la soluzione è una sola, indipendentemente dal canone interpretativo utilizzato.

Così, se prendiamo l’art. 2 c.c., secondo cui la maggiore età è fissata al compimento del diciottesimo anno, è chiesto all’interprete di procedere ad un mero calcolo. Soggettività ed oggettività non vanno viste come alternative in contrapposizione tra loro, ma come coesistenti in costante tensione dialettica, in un processo continuo di rimandi ed implicazioni: oggettività e soggettività fanno parte dello stesso procedimento ermeneutico (così Scalisi).

Il nostro attuale sistema vive di un circolo virtuoso: soggetti (rappresentanti del popolo) che cristallizzano la volontà in un oggetto (la legge), che poi viene applicata da soggetti (magistrati) con effetti verso altri soggetti (i cittadini); id est la sequenza è: soggetti–> oggetto –> soggetti –> soggetti. E’ un equilibrio che assicura la centralità della persona. Se i soggetti vengono oggettivizzati, allora sarà il dominio degli oggetti sui soggetti, cioè la fine dell’umanità.

Con l’AI i giuristi non diventeranno supervisor

Molti hanno ipotizzato che, con l’avvento dell’intelligenza artificiale nell’ambito del diritto, di fatto gli avvocati si limiteranno a far scrivere le tesi difensive ai software controllandone l’esattezza. Non sarà così perché la domanda e l’inquadramento della questione, la strategia, la scelta dei tempi di deposito di un atto, il rapporto con il cliente e tanto altro, spettano sempre all’avvocato.

Inoltre, anche laddove il professionista si limitasse a verificare la correttezza della bozza di atti scritta da una IA, avverrebbe qualcosa di non molto lontano dall’uso dei formulari in studio, oppure dalle cc.dd. bozze di provvedimenti semplici ad opera di funzionari addetti all’UPP. 

Non solo gli studi grandi possono permettersi l’IA

Da più parti è stato sostenuto che la IA sarebbe ad uso solo degli avvocati appartenenti a grandissimi studi: ciò in ragione dei costi esorbitanti. Per questa via, si creerebbe una sorta di discriminazione economica tra avvocati che possono permettersi una IA ed avvocati che non possono farlo.

Ormai sono disponibili diverse IA che non propongo prezzi elevati ed, in ogni caso, per lo più al di sotto delle ordinarie banche dati; pertanto, vale il contrario: addirittura lo studio legale di ridotte dimensioni può potenziarsi agevolmente.

Un’occasione di crescita, non un limite a questa.

AI e avvocati, il problema delle allucinazioni

Si è detto anche che l’uso della IA, nelle attività legali, è rischioso a causa delle c.d. allucinazioni. Le allucinazioni dell’AI sono un fenomeno diffuso, in base al quale questi strumenti sono in grado di inventare dati non esistenti, sia con riferimento a leggi che sentenze, che formule appartenenti alle materie c.d. scientifiche: è successo in Italia, con riguardo ad un caso affrontato dal Tribunale di Firenze (come indicato in introduzione), dove è emerso il rischio di una responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c..

A New York, uno studio legale è stato sanzionato per aver presentato in tribunale atti redatti con l’ausilio di intelligenza artificiale generativa (ChatGpt), contenenti riferimenti giuridici inesistenti. Tuttavia, quando si parla di questo fenomeno, che incide pesantemente sull’attendibilità dell’output, ci si riferisce solitamente alle IA c.d. generaliste: sono intelligenze artificiali che si occupano di tutto come Gemini AI di Google, spaziando dalla cucina, alla medicina, allo sport, alla cronaca, alla letteratura.

Ebbene: sono – per lo più – queste generaliste a formulare allucinazioni sul piano giuridico; diversamente, il fenomeno è ampiamente mitigato, se non neutralizzato interamente, nei casi di IA c.d. verticalizzate: sono quelle specificamente formate sul diritto, con banche dati interne selezionate da professionisti. In aggiunta: le IA verticalizzate sono solitamente testate e validate ampiamente da professionisti, o Centri di ricerca, prima di essere immesse in commercio.

AI e lavoro degli avvocati, cosa ci attende

Con il presente scritto, si è cercato di fornire indicazioni utili dirette al superamento di eventuali pre-giudizi. Quando si abbandona il pregiudizio per giungere al vero giudizio, si compie il primo atto dell’evoluzione: si smette di temere ciò che non si conosce, per aprirsi alla comprensione e – per effetto – alle meravigliose potenzialità del nuovo millennio.

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